
Dopo la seconda rivoluzione industriale il mondo è completamente cambiato, ed anche il calcio, In peggio.
Dalle strade polverose, dalle piazzette vuote e silenziose, si udivano le grida dei fanciulli: goal! Era un eco
meraviglioso dal mare alla montagna, dalla pianura alla chiesa parrocchiale. Questo era il calcio dei giovani
brillanti o impacciati, ma sempre vivi, desiderosi di un mondo migliore, di una vita sincera e gaudente. Si, il
sorriso di questi mini calciatori era l’acume massimo di chi vuole migliorare il mondo.
E l’oratorio di San Filippo Neri, tra i più antichi di Sicilia, era la fucina, la fornace, il catino di centinaia di bambini di ogni estrazione sociale. Oggi più comunemente chiamata “la Cantera”.
C’erano i campioni catanesi: Pietro Anastasi, Pippetto Fischera, Riccardo Caruso, Gigi Chiavaro,
Alfio Sanfilippo, Guido Consoli, i fratelli Aglianò (chi era il più bravo? ), Vito Napoli, Santo Amara; ma
c’erano anche (ed erano moltissimi ) ragazzi di strada, piccoli borghesi, benestanti, e c’erano pure (udite,
udite!), qualche giovanotto un po’ sopra le righe, uno o due che frequentavano il quartiere di San
Cristoforo, eppure in 60 anni di partite combattutissime non successe mai nulla. Perché?
Ex allievi, da Rafafele Lombardo a Tuccio Musumeci
La risposta è scontata. Parroci buoni e sinceri, operatori culturali, volontari della bontà, educatori, istruttori di calcio, madri amorevoli e silenziose, genitori che lavoravano 12 ore al giorno per portare a casa in tozzo di pane, laureati, ex allievi di Don Bosco come l’onorevole Raffaele Lombardo (che partì politicamente dalla Dc) o l’attore Tuccio Musumeci, che già da giovane recitava gratis sul palcoscenico del teatro Don Bosco e le risate erano garantite, così come gli applausi a scena aperta!
Tutto alla perfezione e così i ragazzi cominciarono a partecipare ai campionati del CSI di Filippo Gagliano, alle PGS di Enzo Caruso e alla FIGC con la Libertas Matteo Agosta di Ernesto Longo! Un grande successo, tutto sotto l’ègida del nostro padre spirituale Don Giovanni Bosco, simbolo di fratellanza, amore, sincerità.
Nessuno si permise mai di alzare la voce contro l’arbitro, né di protestare, né di inveire contro gli avversari. Questo era l’humus calcistico fino al 2015. Crisi economica e crisi di valori umani. Poi il nulla.
Perché non c’erano più parroci, né operatori culturali (l’ultimo fu Gianni D’Agata…) , né tecnici che gratis avrebbero dovuto aiutare i giovani a crescere fisicamente e spiritualmente. Insomma, la crisi economica ha spazzato via buona parte degli oratori in Italia, oltre che in Sicilia.
A Catania “resistono” ancora, fra gli altri, l'oratorio delle Salette a San Cristoforo e il vecchio San Filippo Neri di via Teatro Greco, con grandi sforzi e sacrifici economici non indifferenti. Avrebbero bisogno di sostegno, ma "non c'è trippa per gatti".
Non c'è più religione
Oggi non c’è più religione! Sembra una frase fatta, ma non lo è. Oggi i ragazzi pagano rette consistenti per
giocare a calcio, si allenano quando i campi a 11 sono disponibili, sono tartassati da mille inezie e futilità generate dai social: Youtube, Google, Meta, Facebook, Tik Tok, Instagram e vedono un calcio di Serie A confusionario, travolgente, violento, con azioni in area di rigore che sembra un assalto a Forte Apache! Incredibile.
Dov’è Van Basten? Dov'é Del Piero? Dov'é Baggio, Dov'è finito Messi? Quello era un calcio quasi poetico ed emozionante, fatto di gesti tecnici deliziosi, quando la fisicità non era di scena nel calcio della massima serie. E quando la palla finiva nel sacco non si restava con l'urlo del gol in gola in attesa della verifica del VAR: si esultava insieme ai compagni e ai tifosi. Oggi spesso, dopo un gol occorre attendere il cosiddetto “check” e la successiva verifica al video del direttore di gara e sul mezzo centimetro di possibile fuorigioco e, credetemi, le emozioni di una partita svaniscono tra un'imprecazione e l'altra dei protagonisti in campo e sugli spalti.
Insomma, gli esempi positivi sono stati tutti distrutti: oggi si vuole e si “deve” vincere a tutti i costi anche una partita mediocre, con dirigenti che non sanno più mediare, sopire, calmare gli animi e dire la verità, spesso si tratta di gente incapace: l’arbitro è uno come voi, un ragazzo che ha fatto questa scelta di indossare la giacchetta gialla (un tempo nera) per pura passione sportiva! E talvolta viene aggredito, malmenato, distruggendo in pochi minuti lo sport più bello del mondo; e fra non molto le partite se li arbitreranno tra di loro, perché nessun padre di famiglia manderà il proprio figlio a rischiare la vita per far divertire giovani sconsiderati, indifferenti, instabili alle regole della vita. Già, perché l'educazione dei figli spesso viene demandata oltre che sottovalutata. E i genitori sono spesso portatori di “modelli” sbagliati o comunque inefficaci.
Oggi di fronte a tanta violenza e aggressività, soprattutto fra i giovani, la risposta ideale sarebbe il ruolo centrale dell'educazione e dunque del rispetto delle regole. Perché è risaputo, l'educazione non si compra al supermercato non la si trova sugli scaffali del luccicante centro commerciale. Per il resto, le chiacchiere stanno a zero.