Nella frase pronunciata da Gianfranco Micciché contro il presidente della regione siciliana Nello Musumeci, definito un “fascista catanese“, ciò che più indigna non è l’epiteto di fascista, perché questo attiene alla stretta polemica politica quando scantona, ma all’aggettivo qualificativo catanese utilizzato. Per Micciché il dato negativo non è tanto l’essere fascista il Musumeci quanto essere catanese. Rispetto alla nobile intellettuale Palermo. A Catania tutto ciò è passato sotto silenzio. Non si è indignato nessuno. Nessuno degli esponenti della politica e dell’ intellighenzia cittadina ( nemmeno coloro che intervengono ad ogni piè sospinto per qualsiasi fregnaccia) ha ritenuto di intervenire, non tanto per difendere l ‘onore di una città che sembra non avere più nemmeno quello, quanto per amore della verità. Verità che è da sempre sotto gli occhi di tutti, e che è abbastanza semplice. Il male di quest’isola si chiama Regione Siciliana, da sempre palermocentrica e massacrata da una politica e burocrazia incardinate in quella città. Dove, non lo dimentichi il signor Micciché, la Mafia l’ha fatta da padrona ! Come reagirebbe il signore in questione se lo definissimo un “ politico, mafioso palermitano “? Probabilmente si solleverebbe un moto popolare di indignazione, scatterebbero le querele e la solidarietà verso una città insolentita ingiustamente! Allora signor Micciché rifletta sulla sesquipedale imbecillità pronunciata, e chieda scusa senza se e senza ma. E soprattutto, ci faccia un favore. Ci restituisca la libertà e ci liberi, abrogandola, dalla Regione: ente inutile e parassitario. Edmond Dantés, Conte di Montecristo