Bonaccorsi si difende e attacca. In merito alla prese di posizione sui contenuti di una telefonata privata tra il vicesindaco Roberto Bonaccorsi e il consigliere comunale Giovanni Grasso, il rappresentante dell’Amministrazione Comunale ha diffuso la seguente nota: “Fin dall'inizio del mandato, per stile e convinzione personale, ho mantenuto un confronto leale e trasparente con tutti i gruppi consiliari e in particolare con quelli di opposizione nella dialettica amministrativa, in un momento particolarmente difficile per la città di Catania. Un atteggiamento di sobrietà sostenuto coerentemente dalle direttive del sindaco Pogliese, che ci ha spinti a una presenza costante in aula, in una logica di dialettica collaborazione. Così è sempre stato anche con l’intero gruppo del M5S. La surreale vicenda di questi giorni, che mi vede inaspettatamente chiamato in causa per una contrapposizione che appare essere tutta interna al gruppo 5S, mi impone però di riportare nei binari della correttezza una vicenda spettacolarizzata a fini che rientrano forse nelle dinamiche interne dello stesso movimento politico, strumentalizzando la mia persona e il mio ruolo. Già nella seduta consiliare della scorsa settimana, infatti, avevo preannunziato che stavo valutando di agire per via giudiziaria per tutelare la mia reputazione, fortemente compromessa da illazioni e rovesciamenti della verità dei fatti, addirittura con addebiti di responsabilità, per l’inaccettabile costo dei servizi di pulizia dei bagni comunali che in molteplici occasioni io stesso avevo già denunziato in numerosi interventi pubblici. Eppure, nonostante tanta evidenza, la consigliera Adorno sia sui social network che in aula, mi ha illecitamente additato come il colpevole degli sprechi da me resi noti pubblicamente, rifacendosi a circostanze dolosamente falsate e dimostrando una pervicace volontà di mettere in discussione la mia integrità morale di professionista e di amministratore, ribaltando la realtà documentale.A fronte di questo inspiegabile atteggiamento diffamatorio nei miei confronti, ho chiesto vibratamente in Consiglio Comunale che la stessa consigliera rettificasse il tiro ingannevole che mi aveva scagliato contro, al fine di evitare di dovermi tutelare nelle sedi giudiziarie. Corrispettivamente, con eclatanza degna di miglior causa, veniva diffuso alla stampa il contenuto di una conversazione telefonica del tutto amichevole con il consigliere Grasso che mi ha chiamato, forse con un disegno preordinato, per istigarmi ad andare avanti con la querela nei confronti della sua collega. In quella telefonata, in cui Grasso mi incalzava per denunziare la consigliera Adorno, non facevo altro che affermare con il tipico tono gergale di un’amichevole chiacchierata, mentre ero alla guida dell’auto, che, come detto nell’intervento in Consiglio Comunale appena concluso, il ricorso alla via giudiziaria poteva essere elemento di chiarezza sugli attacchi diffamatori che mi erano stati rivolti e che pertanto non mi sarei sottratto a compiere decise azioni per tutelare la mia reputazione. Come non mi sottrarrò a tutelare la mia persona davanti a chi compie in maniera fraudolenta atti puniti dalla legge estrapolando da una conversazione privata singole parole. Tuttavia, a fronte di questa solare ricostruzione sostanziale della vicenda, è chiaro che alcune frasi estratte dal contesto colloquiale tra due vecchi colleghi di università, possano essere interpretate diversamente senza che ciò fosse minimamente nei miei intendimenti, che erano solo quelli, come detto pubblicamente in Consiglio Comunale, di rivolgermi alla magistratura per fare chiarezza sulle continue denigrazioni subite. Se la Consigliera Adorno, come io ritengo, ha sentito l’intera telefonata non può non collegare la stessa quale appendice della discussione politica in consiglio comunale dalla quale si era appena usciti, e che il colpo giusto non poteva che essere l’intervento chiarificatore della magistratura. Ribadisco che non ho alcuna preclusione a chiarire personalmente e in ogni sede questo aspetto inconsapevolmente sgradevole, che ha non ha alcuna rispondenza concreta nei miei atteggiamenti, sia nei confronti della consigliera che della signora Adorno. Restano salve e impregiudicate, però, le palesi illiceità nella conduzione di una vicenda spiacevole, dai tratti irrazionali, di una telefonata che era e doveva rimanere privata e che invece è stata diffusa estrapolando da essa solo alcune parole, fatta oggetto di un uso strumentale che non ha bisogno di ulteriori commenti”.