Il professore Maurizio Caserta, docente di Economia Politica presso l’Università di Catania, è intervenuto a L’Informazione Raccontata Smart per parlare della sua decisione di non concorrere per la carica di rettore e del caso “Università Bandita”. Le indagini della Digos proseguono ininterrottamente, ed emergono sempre nuovi dettagli. Ma nel frattempo è arrivato il momento di eleggere il nuovo rettore dell’Università di Catania, dal momento che Francesco Basile si è dimesso non appena lo scandalo lo ha coinvolto in prima persona. Proprio il professore Caserta stava per candidarsi a rettore, incoraggiato da parenti, amici e colleghi. La città di Catania, in effetti, si interessa a ciò che succede all’interno dell’università, così che anche dall'esterno lo avevano incitato a partecipare al concorso. Tuttavia, il professore ha deciso di non farlo, per motivi che ha spiegato nel corso della puntata: “Ciascuno di noi ha la possibilità di giudicare, valutare, intervenire, e soprattutto di fare il proprio lavoro, che è il modo migliore di dare un contributo all’università.” Subito dopo l’inchiesta, inoltre, molti colleghi lo hanno tirato in ballo affermando che è stato uno che è rimasto fuori dal sistema politico, e forse anche per questa ragione lui crede che non si può fare finta che non sia successo nulla. Del resto, come spiega il professore Caserta, “questo è un vero e proprio terremoto. Anche se le indagini dovessero risolversi nel nulla, questa è stata una sofferenza troppo pesante da infliggere alle persone, all’ateneo e alla città intera.” Il rischio che si corre, secondo lui, è quello di fare di tutta l’erba un fascio, e questo deve essere evitato perché “l’università non può permettersi di essere trascinata in uno stato di sofferenza come quello in cui è stata coinvolta. Occorre quindi prevedere tutti gli anticorpi perché nel prossimo futuro una cosa del genere non accada mai più. Prima di tutto, bisogna comunicare con la comunità e la città, spiegare determinati comportamenti e le varie procedure, coinvolgere in determinate scelte. E perché gli altri capiscano, bisogna essere trasparenti. Quest’ateneo deve cominciare ad avere pareti di vetro per mostrare tutto ciò che fa, e noi che ne facciamo parte abbiamo una grande responsabilità morale.” Eppure, la reazione della comunità locale è stata proprio “si sapeva, non è stato scoperto nulla di nuovo.” Il professore Caserta crede che rispondere così ad un evento così sconvolgente per la città, l’ateneo e l’Italia intera (perché ricordiamo che l’operazione “Università Bandita” ha coinvolto gran parte degli atenei italiani) significhi non avere interesse a che cose così non accadano più: “Non si può dire che così fanno tutti o che sarà sempre così. Dall’università escono i medici, gli ingegneri, i professori, i giudici, gli avvocati, e prima o poi tutti noi veniamo a contatto con loro. Credo dunque che la comunità locale debba chiedersi se vuole vivere in un sistema in cui non valgono le regole del merito. Perché alla fine la non applicazione della regola del merito si ritorce su noi stessi.”