Quanto accaduto nelle scorse ore a Pozzallo ci preoccupa profondamente e ci interroga, ancora una volta, sulla strategia adottata dal Governo italiano nella gestione dei flussi migratori. Di fronte a un fenomeno ormai strutturale, non si può continuare ad agire in emergenza, né tantomeno ignorare la dimensione umana e il dramma vissuto da chi fugge da guerre, persecuzioni e povertà estreme.
Apprezziamo con convinzione le parole del sindaco di Pozzallo, Roberto Ammatuna, che ha dimostrato ancora una volta coraggio e umanità: “Un governo civile e umano non può che assumere una soluzione: farli sbarcare tutti”. La sua presa di posizione chiara e determinata ci fa ben sperare. La politica non può restare distante né silenziosa: è in gioco il futuro dell’umanità, e questo riguarda tutti, soprattutto alla luce delle tensioni globali che spingono sempre più persone a rischiare la vita in mare.
"Non si può fare un “tira e molla” sul porto di attracco. Salvare vite umane deve essere la priorità, sempre. Alla fine, i 62 migranti a bordo della nave SEA EYE 5 — tra cui 7 minori e una donna incinta in travaglio — sono sbarcati tutti a Pozzallo, dopo ore di attesa e trattative. Eppure, la loro destinazione iniziale avrebbe dovuto essere Taranto, nonostante le condizioni di salute e vulnerabilità delle persone a bordo suggerissero un porto più vicino. È inaccettabile che si arrivi a discutere chi far sbarcare e chi no, come se si trattasse di numeri e non di esseri umani. Chiedere agli operatori di selezionare i “più fragili” è un paradosso disumano. Fortunatamente, alla fine ha prevalso il buon senso. L’umanità ha vinto.” afferma Agostino Sella presidente dell’Associazione
Come Associazione Don Bosco 2000, impegnata ogni giorno nell’accoglienza e nell’integrazione dei migranti, ribadiamo che il Mediterraneo non può diventare un muro. È il nostro mare comune, luogo di incontro, e deve tornare ad essere simbolo di vita, non di morte.
L’Italia e l’Europa siano all’altezza della loro storia e dei valori che professano. Servono politiche di accoglienza lungimiranti, strutturate e rispettose della dignità della persona. Solo così potremo parlare davvero di civiltà