Un'odissea lunga già due anni. Era luglio 2020 quando il Calcio Catania si avviava verso il collasso. Poi il fallimento dichiarato dal Tribunale lo scorso 22 dicembre e l'affido della sezione fallimentare a tre curatori: l'avvocato Giuseppe Basile e i commercialisti Enrico Maria Giucastro e Daniela D'Arrigo. Persino l'udienza di vendita telematica dell'11 febbraio era andata deserta. "Mancanza di domande di partecipazione" fu certificato.In vendita il ramo d'azienda con i "Diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori; struttura e organizzazione del settore giovanile; immobilizzazioni materiali; indumenti; merce store; targhe; coppe e trofei; due marchi registrati". A febbraio si partiva con una base d'asta di un milione di euro, i rilanci invece sarebbero dovuti essere di almeno 50 mila. Venerdì 4 marzo sarà il giorno più atteso dai tifosi: per il secondo bando e la nuova asta, e stavolta si parte da 500 mila euro.Sull'argomento è intervenuto a "Salastampa, l'altra faccia dello sport" Fabio Pagliara, presidente della fondazione SportCity; Pagliara, lo ricordiamo, nel 2020 è stato al fianco di Maurizio Pellegrino all'inizio dell'avventura della Sigi. Ultima chiamata: qualcuno comprerà il titolo sportivo del Catania? "Per certi aspetti si parla di un affare, oggi la compagine rossazzurra è veramente un investimento" spiega Pagliara. Si spera quindi in un'epoca nuova. "È la partita del futuro, per cui chi compra oggi la società deve avere in sé la prospettiva di portarla in alto, partendo già dalla Serie B. Per quanto sia alta la cifra d'acquisto, vale tentare ed iscriversi, ma senza più il monte debitorio di prima. Occorre una nuova proprietà che ipotizzi un Catania in crescita, già prospettato al biennio successivo. È vero, si parlerebbe di una spesa pari ai 10 milioni l'anno per intraprendere la scalata più difficile di sempre, ma tanto servirebbe per garantire alla società la stabilità economica che gli manca e che gli è mancata".Nessun pronostico, ma sicuramente tanta fiducia nell'alba di un nuovo giorno...fondi stranieri forse?: "Mi auguro di sì" - sospira Pagliara - "L'importante è metterci passione. Non basta essere imprenditori per guidare una squadra al successo e questo il Catania lo sa bene. Basta speculare". "Io credo che il più grande errore della SIGI sia stato quello di non affidarsi ad una governance di alto profilo e che fosse realmente competente in un'organizzazione sportiva e nel calcio. Abbiamo imprenditori che sanno fare benissimo il loro lavoro, ma qui si sta parlando di sport, non di affari. Dietro c'è un'organizzazione complessa che ha bisogno di alta formazione" commenta Pagliara che ricorda inoltre come fu bloccata la sua voglia di lanciare l'azionariato diffuso, convinto che almeno il 10 per cento della società debba detenerlo la tifoseria. Su Joe Tacopina (oggi proprietario della Spal, ndr) taglia corto: "Credo fosse l'unico interlocutore della Sigi in quel periodo: occorreva forse agire diversamente con più accortezza, chiarire alla base le questioni spinose; non conosco francamente i particolari dell'addio...".Professionalità quindi, ma anche maggior competenza nel settore sportivo, specie per il Calcio Catania, vittima di scelte sbagliate e occasioni perdute. Eppure siamo nella più grande "wellness del benessere", così la chiama infatti Pagliara, in riferimento al nostro bel paesaggio così tanto adatto allo sport, un peccato non sviluppare quanto ci offre. In chiusura Pagliara sospira e lancia un monito: "Le società di calcio avranno sempre più bisogno di un meccanismo e modello di salvaguardia, cioè di una quota di continuità, di controllo della trasparenza e della passione che non può che essere diffusa...chiaro, no?".