Come un «tuffo nel cuore» i ragazzi e le ragazze del liceo Boggio Lera e dell’Emilio Greco si sono immersi nella mostra “Dis/integration” allestita nel corridoio dell’orologio del Monastero dei Benedettini. Una presentazione avvolta dalla storia del Monastero a dimostrazione del fatto, che i luoghi dove la cultura “riposa” , si evolvono nel tempo raccogliendo le testimonianze di più storie di vita.
Da dove nasce la mostra?
La mostra, presentata nel piccolo refettorio delle biblioteche riunite, all’interno del dipartimento di scienze umanistiche, è il frutto del lavoro dei laboratori artistici organizzati dalla comunità di Sant’ Egidio di Roma. I laboratori hanno l’intento di creare luoghi di socialità in periferia per dare spazio al talento di artisti disabili. «La cultura è motivo di aggregazione, attraverso questa abbattiamo i muri della dis-integrazione e della solitudine» spiega Emiliano Abramo, presidente della comunità di Sant’Egidio, durante la presentazione. Partendo dalle scale monumentali dell’ingresso del monastero dei benedettini, le opere degli artisti sono allestite lungo “il corridoio dell’orologio “e potrà essere visitata, grazie alla volontà del rettore Unict Francesco Priolo, fino al 3 dicembre.
Giocare con le parole per affrontare il mondo
I ragazzi e le ragazze liceali, rapiti dalle emozioni della presentazione, si sono lasciati coinvolgere dal racconto di ciò che i laboratori artistici hanno costruito. «Ero molto timido e spaventato dal mondo» dice Ivan Cerni «adesso lo sono ancora, ma almeno non sono solo». Una testimonianza pura di uno degli artisti che ha realizzato la mostra. Se c’è una cosa, infatti, che durante i laboratori viene attenzionata è l’incontro con l’altro: creare relazioni stabili, legami improntati sullo scambio e la costruzione di talenti. Dal gioco di parole del titolo della mostra si evince l'obiettivo di quest’ultima: abbattere luoghi comuni attraverso le parole. Ad intervenire durante la presentazione è infatti Alessandro Zuccari, professore di storia dell’arte alla Sapienza di Roma e curatore della mostra. «Dobbiamo ricollegare le parole alla realtà per ritornare a costruire sentimenti veri dentro ognuno di noi e non brevi emozioni che non servono a nulla» .
Alla ricerca di donne e uomini vere/i
Nell’era dell’individuo solo, attraverso i laboratori realizzati dalla collaborazione dell’artista César Meneghetti e la comunità di Sant’ Egidio, si fa attenzione a decostruire l’immagine comune dell’artista solitario distaccato dal mondo. «Attraverso l’osservazione di ciò che abbiamo intorno possiamo tirar fuori quello che abbiamo dentro» precisa il professor Zuccari. I laboratori diventano infatti motivo di incontro innescando processi di osservazione e di immedesimazione nelle storie degli altri. Eliminando ogni forma di vittimismo gli artisti disabili decostruiscono un mondo dove il senso comune li emargina e li commisera. «Nei laboratori i problemi personali degli artisti si aprono ai grandi problemi del mondo» così spiega Zuccari aprendo gli occhi sulla necessità di adottare una visione internazionale che parta dalla testimonianza della propria vita. Le opere esposte infatti parlano di guerra, di pace e di emarginazione: «Gli artisti guardano il mondo insieme agli altri. Partendo esclusivamente dal nostro punto di vista, crogiolandosi sulle proprie difficoltà, si rischia di perdere pezzi fondamentali del mondo circostante».
«Tutti siamo fragili ed imperfetti» questa la verità davanti cui la mostra Dis/integration ci pone. Dietro questa terribile notizia nasce però una speranza: «Siamo esseri relazionali e questo è il nostro valore».