A Luci Spente, il format di SicraPress, è intervenuta Antonella Panarello, dirigente del C.P.I.A. CT1 (Centro Provinciale di Istruzione per gli Adulti, cittadini italiani e stranieri) di Catania e del Calatino, istituto grazie al quale so formano e si istruiscono italiani e stranieri, che ha affrontato la tematica dell’integrazione in Sicilia e in generale in Italia.
“Abbiamo i nostri percorsi scolastici che sono di ritorno per gli italiani, per chi è analfabeta e ha bisogno di ottenere la terza media o il biennio delle superiori, e altrettanto per gli stranieri. Una cosa in particolare è che l’Europa ha dedicato a questa scuola la certificazione della lingua italiana per gli stranieri in accordo con la prefettura relativamente al passaggio di soggiorno da breve a lungo. In questo modo la scuola diventa un punto chiave per gli stranieri transitanti nel nostro territorio. È anche centro di esami per gli stranieri che vogliono richiedere la cittadinanza italiana.
- È così difficile l’integrazione dalle nostre parti?
La mia scuola esiste dall’anno scolastico 2015/16 ed è nata con me a Catania. Ho un’esperienza con questi giovani e meno giovani stranieri all’interno del circuito dei nostri percorsi molto variegato, anche perché per extracomunitario, connotazione alquanto infelice, a volte si intende chiunque fuori dall’Unione Europea, e quindi contiamo anche gli americani, anche se quando si tratta di questo tipo di cittadinanza spesso non gli si dà molto peso. Se però l’extracomunitario viene dalle zone subsariane, cingalesi o dal centro Africa, chiaramente incomincia a prendere una forma vera da extracomunitario perché chiunque è in grado di riconoscerlo. Abbiamo extracomunitari anche dall’Ucraina a causa della guerra, e quindi la nostra scuola è un mix di lingue, culture e popoli. Siamo un team di persone con una struttura ben precisa ed è determinante concepire la nostra scuola come un luogo di aggregazione, perché seguiamo un percorso che non ha classi rigide e strutture programmatiche strette, ma seguiamo un percorso che si adatta alla conoscenza della persona, per cui formalizziamo un patto formativo adatto a colui che viene all’interno della nostra scuola: abbiamo infatti avuto ragazzi che si sono laureati nel loro paese, non soltanto gli analfabeti, come quelli che non riuscivano nemmeno a tenere una penna; per questi ultimi si fanno attività di alfabetizzazione e scolarizzazione, un approccio ben diverso”.
“All’interno dei gruppi di livello abbiamo più nazioni, facciamo quindi un doppio lavoro di integrazione anche con culture diverse. Succede spesso che non solo gli italiani sono razzisti nei confronti di tutti, tranne che chiaramente non provengano da Stati Uniti o l’Ucraina, per cui non si avverte molto il razzismo, ma anche che questo venga trasmesso nel momento in cui ci sono, per esempio, culture che sono troppo diverse: mi è capitato l’anno scorso che in classe ci fosse un sacerdote buddista, che ha rappresentato un momento splendido all’interno della classe, con cui abbiamo seguito anche dei percorsi culinari, perché noi facciamo scuola attraverso tutte le attività. Non è una scuola strettamente tout court di attività relative solo alle discipline, ma anzi sono interdisciplinari e i contenuti sono trasversali, per cui facciamo integrazione a tavola, con la musica, con la danza, con l’arte, con tutti i percorsi dei PON e ora anche con il PNRR, che in questo momento è imperante all’interno di tutte le istituzioni scolastiche”.
“Grazie al Rotary Viagrande 150 abbiamo realizzato un evento con cui abbiamo dato dei premi simbolici ai ragazzi che hanno partecipato in tutte le classi e che hanno realizzato dei calendari meravigliosi. A questa manifestazione hanno partecipato anche i nostri detenuti, perché all’interno dei percorsi d’istruzione abbiamo tutte le case detentive di Catania e del Calatino (Piazza Lanza, Bicocca adulti e minori PM e Caltagirone). È stato un momento di grande festa, ci sono state anche esibizioni teatrali e artistiche”.
- Nelle scorse settimane ci sono stati i mondiali di Atletica, e diversi italiani di origine straniera hanno vinto delle medaglie gareggiando per la nostra Nazione. Lo sport, in tal senso, può essere un indoor per l’integrazione?
“Se si commette un reato non si analizza il reato ma chi l’ha commesso, e la stessa cosa nello sport: chi ha vinto ha vinto perché è bravo, non si fanno dietrologie del perché il vincitore è stata quella persona e non un’altra”.
- Abbiamo un dato relativo al numero di migranti arrivati via mare nel 2023, 160.000, più del 50% rispetto al 2022. Come lo commenta?
"Ce ne siamo accorti, è dall’anno scorso che abbiamo un numero più alto di stranieri non accompagnati, e il fenomeno è più forte perché le famiglie di origine preferiscono sacrificarsi e mandare i propri figli verso la via della libertà e dell’istruzione. Se c’è una nazione che può venire incontro rispetto a un deficit di un altro stato, questo gesto non può e non deve essere considerato un difetto, bensì dovrebbe essere accolto come un pregio. La famiglia tende a dare questo futuro ai propri figli, risparmiando quei pochi soldi che hanno e permettendo loro di partire. Io ho visto tantissimi ragazzi, diversi anni fa, che sono stati vittime di tratta o violenze, soprattutto quelli che transitavano nelle carceri libiche, ed erano evidenti i segni sulla pelle delle frustate o dei colpi di fuoco. Noi abbiamo diverse ragazze che, pur venendo qui, hanno momenti di sofferenze e di buio perché hanno degli attacchi di panico particolari. Noi viviamo anche alcuni giorni momenti terrificanti e vediamo il terrore nei loro occhi. Non vogliamo farne un pregio, non vogliamo raccontare come se volessimo accattivarci la simpatia dello straniero, non è questo il problema: è che non esistono le barriere e non sono mai esistite. Il mondo è stato creato come un luogo da condividere, perché altrimenti ci facciamo ognuno la propria galassia e possiamo transitare verso altre lasciando questo mondo a deperire per milioni di motivi. Il mondo è unico, è molto difficile superare il concetto della proprietà e del possesso che non ci fa vedere le cose, con questo desiderio di accaparrarci le cose o di seminare guerra laddove questo territorio non lo soddisfa affatto, perché poi ci sono queste esigenze continue di non accontentarsi di ciò che si ha”.
“In merito alla popolazione scolastica infantile, noi abbiamo 1.500 alunni in meno nel mondo della scuola. Ci stiamo rendendo conto della manodopera e della forza lavoro, che servono a sostenere il paese dal punto di vista demografico, perché purtroppo le coppie italiane tendono a non fare tanti figli, e capiamo che ci sono problemi anche per gli italiani, soprattutto di natura economica, ma la verità è che non se ne fanno per tanti motivi, e quindi lo straniero in realtà ci farebbe quasi da cuscinetto per sopperire alle nostre mancanze anche demografiche”.
In chiusura è stato presentato anche il romanzi di Antonella Panarello, “Per amore, ti lascio”, che ben si sposa con il tema dell’integrazione: “È la storia di una donna che attraverso delle sedute di psicoterapia ricostruisce la sua vita, ma vivendo anche la realtà del presente. Il titolo è calzante con i discorsi che stiamo facendo perché in realtà non è una storia d’amore, ma leggendolo sopra le righe ha un concetto di natura elevata, perché per amore si è a volte costretti a mollare, come nel caso della famiglia straniera che per amore fa partire il proprio figlio per istruirlo, ma anche per le amicizie e per i rapporti interpersonali”.
Nella foto Antonella Panarello, il direttore di SicraPress Umberto Teghini e l'opinionista Giovanni Mangano