Nella battaglia contro la pandemia da Covid-19, c’è chi in silenzio senza troppi proclami, svolge il proprio lavoro come sempre, fronteggiando il nemico invisibile, che ha lasciato una cicatrice indelebile nel mondo, che comprometterà e stravolgerà il vivere quotidiano. Il mondo della politica si è mosso in queste dure settimane, rivolgendo attestati di stima e vicinanza al personale sanitario, più volte decimato dallo stesso virus, tra il discorso del Presidente della Repubblica Sergio Matarella che ha dichiarato: “Grati a infermieri e medici, pagano con la vita! I Servizi Sanitari Nazionali costituiscono capisaldi essenziali delle comunità. La qualità della vita e gli stessi diritti fondamentali della persona sono strettamente legati alle capacità e all'universalità del servizio alla salute” o quello del presidente del consiglio dei ministri Giuseppe Conte che ha paventato l’ipotesi di un bonus di 100€. Ma al momento, questa vicinanza "istituzionale", sembra passare in secondo piano su chi lavora in condizioni precarie; più volte infatti si è dimostrato che il grande lavoro dello staff sanitario, abbia salvato tante vite da un ecatombe certa, a fronte di grosse difficoltà dovute alle carenze strutturali e di personale delle strutture sanitarie italiane. Al primo suon di campana, allo scoccare dell’epidemia, molte aziende ospedaliere, hanno iniziato a ricercare medici, infermieri e OSS, passando in rassegna avvisi pubblici e graduatorie di concorsi "impolverati", con liste di nomi bloccati da molti anni; proponendo contratti dai 3 ai 12 mesi con risposte immediate entro le 24 ore. Basti pensare che alcune aziende ospedaliere, soprattutto nel sud Italia, non attivavano protocolli di assunzione da circa 25 anni. Con l’ausilio della protezione civile e le grandi donazioni ricevute dalla nazione e dai personaggi in voga sulle onde mediatiche, sono stati realizzati in tempi record, nuove strutture sanitarie dedicate ai casi di Covid-19. Il grande dubbio resta; certo che in caso di nuovi tagli o di mancati rinnovi, sarebbe davvero difficile riuscire a dire "Grazie", con minimi premi in denaro "Ce l'abbiamo fatta”; in quanto ad oggi, i morti sul campo di battaglia negli ospedali dall’inizio dell’emergenza sono 154, tra questi anche chi, piuttosto che godersi la meritata pensione, ha deciso di onorare la propria missione di vita. Dunque chissà, se alla fine di tutto, i sindacati di CGIL, CISL, UIL, FSI e USAE, riusciranno a difendere la causa di chi con coraggio ha rischiato, o resteranno a contare le adesioni nelle proprie liste, tanto ricercate, con l’innesto delle nuove forze; ai posteri l’ardua sentenza”.
Numerosi sono gli spot che in questi mesi di quarantena, imperversano tra TV, social e quotidiani, con lo slogan “Ce la faremo”, come numerosi sono gli attestati di stima a medici, infermieri e personale sanitario che quotidianamente combattono contro il corona virus.
Ma come in ogni aspetto post emergenza, la domanda sorgerà spontanea? Cosa accadrà in futuro quando il virus sarà debellato, o comunque i contagi toccheranno lo zero e si proverà a ritornare in un contesto di normalità? Le USL, le aziende ospedaliere, tutte le strutture pubbliche, rinnoveranno i contratti al personale? Che senza batter ciglio ha scelto di combattere in prima linea, a scatola chiusa, mettendo a disposizione la propria vita per gli altri?