Il prof. Giuseppe Raffa ha scritto: “I giovani stanno peggio dei coetanei del passato, ci dicono gran parte degli esperti. Per i quali le responsabilità circa il nuovo, epocale disagio giovanile vanno addebitate alle tecnologie, ai social, ai videogiochi e alle famiglie “abbandoni che”, più in particolare. Risultati, crescono le aggressività e violenza giovanile, aumentano nuovo nichilismo, depressione, demotivazione”.
Tutto giusto. Vediamo, adesso, il perché. Negli anni Sessanta e Settanta l’unica televisione che mandava messaggi era la RAI, che, “conquistata” dalla Democrazia Cristiana di Fanfani, dal partito liberale di Malagodi e dal partito repubblicano di Giorgio La Malfa, doveva contenere in tutte le sue espressioni un “target” ossequioso al Vaticano, agli industriali, ai baroni universitari ed a tutte quelle forme rigide di un vivere semplice e pragmatico. I giovani, attraverso un mondo di cose e di persone, di fatti e di fenomeni, acquistavano una quantità di nozioni semplicistiche piacevoli come le canzonette di Gianni Morandi e Marcella Bella, che avevano il compito di vivere momenti melanconici, dormienti, indispensabili tanto all’operaio che allo studente, due “classi sociali”, che poi sfoceranno nel 1968 e 1977 in “studenti-operai uniti nella lotta”.
Insomma c’era un sistema ad hoc per reprimere inconsciamente tutte le istanze rivoluzionarie dell’epoca. Anche nello sport, specialmente nel calcio, tutti i bocconi amari degli studenti, dei lavoratori, dei poveri e dei diseredati finivano molto spesso in invasioni di campo, lancio di sassi, con l’arbitro unico colpevole delle frustrazioni quotidiane di ciascuno di noi.
Anche la scuola era repressiva e totalitaria, nonostante i decreti delegati del 1970 e l’apertura a tutte le facoltà universitarie. Fu la prima scintilla, perché il lento processo di distorsione, di falsificazione del mondo, in cui il soggetto non pone più in dubbio se stesso e investe tutta la sua energia nell’ambiente esterno cercando di adattare gli altri a loro. E’ così che nasce a poco a poco la capacità di cambiare, di migliorarsi, di creare nuove prospettive per un futuro migliore.
Ecco la molla degli orizzonti da scoprire, ecco il desiderio di cambiare gli eventi, di essere protagonista del proprio avvenire, di andare a votare in massa per un partito, per formare una scuola addestramento calcio per bambini, per un torneo aziendale, per un vivere civile impegnandosi in politica, nello studio della Storia e della Filosofia e della Sociologia, anche, se, purtroppo, ci saranno le Brigate Rosse e i Neofascisti, i Grandi Appalti, la scoperta della Mafia e la grande svalutazione della lira. Insomma, per essere chiari, i giovani “vivevano” al cento per cento la loro vita in seno alla società, soprattutto andando a vedere film come “Le mani sulla città”; “Il giorno della civetta”; “Bronte, cronaca di un massacro”, “Vangelo secondo Matteo”, “Quemada” e moltissimi altri che segnarono la storia della storia dell’impegno civile di milioni di persone.
Poi il silenzio ovattato del post 2000. Gli spiriti attivi cominciano a dileguarsi, gli intellettuali si trasformano in impiegati di concetto, gli studenti universitari da 5000 a 30.000 preferiscono la movida il venerdì, sabato e domenica, perché i genitori danno loro un’auto, soldi, tempo libero da ingannare in compagnia e in chiacchiere inutili e futili, mentre una massa di gente comincia a frequentare ogni giorno immensi Centri Commerciali e tabaccai per il gioco del lotto, superenalotto e gratta evinci, e l’inciviltà regna sovrana con montagne di spazzatura, posteggi sui marciapiedi, e allo stadio ci vanno 15.000 tifosi per vedere un Catania deprimente! Insomma, come dice Francesco Alberoni: “La cultura dinamica è una cultura della volontà e dell’azione. La cultura statica dell’inerzia e della rivendicazione. La prima è mossa dall’ambizione, la seconda dal risentimento. La prima porta al successo, la seconda alla decadenza e alla rovina”.
Chi vuol intendere intenda. Prosit.