Alfio Franco Vinci
Gli ultimi tragici accadimenti di Mestre, con l’uccisione di un giovane colpevole di aver preso le difese di una donna aggredita sulla via principale della città, ultimi di una lunga serie, devono farci riflettere.
Le nostre forze dell’ordine, Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Polizia locale, Polizia carceraria e militari della specialità “strade sicure”, non possono essere dappertutto, mentre la violenza ormai è dilagante, onnipresente ed imprevedibile: perché i casi di aggressioni sono appannaggio più del balordo di turno, più o meno straniero, che del malavitoso.
Il primo infatti è un volto fra la folla, mentre il secondo è più facilmente individuabile e prevedibile, perché spesso pregiudicato, da parte delle forze dell’ordine, se venissero ripristinate le pattuglie di strada o di quartiere.
L’invocato inasprimento delle pene non risolve il problema, e forse nemmeno lo scalfisce, perché solo il delinquente “professionale”, prima di mettersi all’opera, fa un calcolo di “costi e benefici“ , e se i “costi“ , cioè i “RISCHI” sono eccessivi, cambia obiettivo o programma.
Il Numero Unico delle Emergenze, l’ho scritto più volte, è lento, farraginoso;
Spesso chi risponde alla chiamata non ha nemmeno conoscenza del territorio, e quindi, oltre a perdere tempo a declinare le proprie generalità, descrivere l’emergenza, prima di essere smistato al servizio competente, bisogna pure spiegare da dove chiamiamo.
Se si vuole contrastare efficacemente la violenza diffusa, occorre fare un investimento economico di notevole impegno, procedendo ad un arruolamento massiccio di giovani nelle forze di sicurezza, destinati esclusivamente al controllo fisico del territorio.
Ciò consentirebbe:
Di conseguire maggior sicurezza PERCEPITA E REALE;
Conoscenza capillare, quasi porta a porta, delle attività del quartiere e della strada, anche in chiave antiracket;
Possibilità di intervento quasi immediato;
Dissuasione dal “provarci” a commettere atti da criminalità comune e spicciola.
Al contempo, con tutte le cautele del caso, andrebbe rivista la normativa sul porto ed uso delle armi,
avendo presente che una pistola in mano ad un galantuomo non costituisce un pericolo.
Ovviamente, nel rivedere la disciplina non dimenticare che “adgreditus non habet staderam in manu”, e pertanto i confini della leggittma difesa propria o altrui, andrebbero meglio definiti.
Tali riflessioni su quanto quotidianamente accade rattristano ed impensieriscono, ma, ci piaccia o no, siamo in guerra contro la violenza dilagante, mentre la gente comune, il popolo, la stragrande maggioranza degli italiani, vuole pace e serenità.
E allora., inevitabilmente. “ SI VIS PACEM PARA BELLUM”.