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Autismo e abilità comunicative: riabilitare è possibile?

2023-05-30 09:16

Redazione

Notizie, Medicina, diagnosi, autusmo,

Autismo e abilità comunicative: riabilitare è possibile?

La dott. prof. Cristina Tornali nella trasmissione di Sicrapress relaziona sugli aspetti della comunicazione nei ragazzi autistici, fornendo al pubbli

 

La dott. prof. Cristina Tornali nella trasmissione di Sicrapress relaziona sugli aspetti della comunicazione nei ragazzi autistici, fornendo al pubblico corrette informazioni scientifiche sulla tematica  trattata in questo anno anche da alcuni suoi studenti del Corso di Laure in Scienze Riabilitative .


 

Nel 1908 lo psichiatra svizzero Eugen Bleuler usò per la prima volta il termine autismo per descrivere la chiusura in se stessi nei pazienti affetti da schizofrenia; l'etimologia della parola autismo deriva infatti dal greco αὐτός che significa “se stesso”.


 

Solo nel 1943 lo psichiatra americano Leo Kanner utilizzò il termine autismo per descrivere una sindrome osservata in 11 bambini. Lui chiamò questa sindrome “autismo infantile precoce” e osservò che “sin dall’inizio vi è un’estrema solitudine autistica, cosi che, ogni volta che sia possibile, il bambino trascura, ignora, chiude fuori qualsiasi cosa provenga dall’esterno” (Kanner 1943). Kanner descrive che questi bambini erano incapaci a stabilire relazioni con gli altri inoltre il loro linguaggio era gravemente limitato ed essi erano dominati da un ossessivo desiderio che ogni cosa intorno a loro rimanesse esattamente come era.


 

Negli stessi anni lo psichiatra austriaco Hans Asperger utilizza il termine “psicopatia autistica” per definire un disturbo che interessa una determinata parte di popolazione infantile con una sintomatologia simile a quella descritta da Kanner ma con capacità cognitive nettamente superiori. Nonostante l'autismo fu descritto per la prima volta più di settant'anni fa, esso fu incluso nel DSM, Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders redatto dall’American Psychiatric Association (APA), solo nella sua terza edizione, pubblicata nel 1980.


 

  1. Criteri diagnostici e manuale diagnostico

Oggi l'autismo è considerato come una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato che esordisce nei primi 3 anni di vita. Interessa le aree della comunicazione sociale, l'interazione sociale reciproca e il gioco funzionale e simbolico. Il DSM IV considerava l’autismo come un disturbo generalizzato caratterizzato da una triade sintomatologica: interazione sociale, comunicazione e repertorio di interessi. Nell’ultima versione del manuale diagnostico, il DSM-5 sono state apportate delle modifiche:


 

  • Le varie categorie distinte dal DSM-IV-TR ovvero il disturbo autistico, il disturbo di Asperger, la sindrome di Rett, il disturbo disintegrativo dell’infanzia, il disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato, sono state riunite in un’unica categoria, quella di disturbo dello spettro autistico.
  • Non vi è più la triade sintomatologica ma la diade sintomatologica perché i criteri sociale e comunicativo sono stati unificati in quello sociocomunicativo.
  • Vi è l'introduzione dell'aspetto sensoriale perché questi soggetti manifestano iper o ipo reattività agli stimoli sensoriali o interessi inusuali verso aspetti sensoriali dell’ambiente.
  • La diagnosi deve includere anche specificazioni riguardanti il funzionamento intellettivo, il funzionamento linguistico a livelli di gravità e di supporto nelle due grandi aree di comunicazione sociale comportamenti ripetitivi. È fondamentale indicare anche se il disturbo autistico si associ a una condizione medica genetica conosciuta o ad un'altra condizione di disturbi del neurosviluppo.
  1. Il versante comunicativo linguistico nell’autismo

Molti bambini autistici mostrano deficit di comunicazione ancor prima di acquisire linguaggio. La lallazione nei bambini con autismo, che è una delle prime fasi dello sviluppo linguistico, è meno frequente e più povera che negli altri bambini. Entro i 12 mesi di età un bambino con uno sviluppo tipico esprime alcune parole, si gira quando viene chiamato per nome, indica quando vuole un giocattolo. La maggior parte di questi bambini durante il secondo anno di vita usa parole per rappresentare gli oggetti dell'ambiente circostante e inizia costruire frasi composte da una o due parole per esprimere pensieri più complessi. I bambini autistici invece restano molto indietro nell'acquisizione di queste abilità e spesso mostrano problemi di linguaggio. Un terzo dei genitori di questi bambini riferisce un arresto o una regressione, fra i 18 e i 24 mesi, del linguaggio già avviato e di altre acquisizioni, attribuendo questi disturbi a malattie intercorrenti oppure ad eventi traumatici. Infatti i bambini che utilizzano il linguaggio verbale spesso lo usano in modo inusuale producendo solo singole parole oppure ripetendo in modo stereotipato quello che sentono. Le principali caratteristiche dell’eloquio dei bambini autistici sono:


 

  • Ecolalia: il bambino ripete quello che ha sentito. Se al bambino viene posta una domanda per esempio "vuoi giocare con la palla?", La risposta del bambino può essere “vuoi giocare con la palla?". Questo è un esempio di ecolalia immediata; se invece il bambino ripete parole o frammenti di frasi o intere frasi memorizzate si parla di ecolalia differita.
  • Alterazioni della prosodia che determinano un eloquio caratterizzato da cantilena o monotono o enfatico.
  • Stereotipie verbali.
  • Inversione dei pronomi: i bambini autistici parlano di sé usando i pronomi “lui”, “lei” o “tu” oppure il loro nome proprio. Questo fenomeno è strettamente connesso all’ecolalia, i bambini autistici fanno riferimento a se stessi nello stesso modo in cui hanno sentito fare dagli altri che parlano di loro quindi usano i pronomi in modo scorretto.
  • Difficoltà nel versante pragmatico: usano le parole in modo molto letterale; non sono in grado di adeguare in maniera flessibile la conversazione al contesto interattivo, di mantenere la reciprocità e l'alternanza di turni nello scambio comunicativo e di interpretare correttamente tutti gli scambi comunicativi espressi dall’interlocutore.

Può essere anche molto difficile capire il linguaggio non verbale di una persona autistica. La maggior parte di noi sorride quando parla di cose piacevoli o scrolla le spalle quando non è in grado di rispondere ad una domanda. Per i bambini autistici però questo non accade perché le espressioni facciali, movimenti e gestualità raramente vengono inclusi. La problematica più complessa oggi è quella di “ entrare” nella comunicazione del ragazzo autistico e non al contrario. Questa è la linea più innovativa oggi.


 

  1. Interessi ristretti e ripetitivi

Quasi la totalità dei bambini autistici mettono in atto dei comportamenti stereotipati, detti stereotipie cioè movimenti ripetitivi semi-volontari del corpo o movimenti ripetitivi di oggetti, come il dondolarsi continuamente, agitare le mani e camminare sulla punta dei piedi. Girano rigirano fra le mani lacci, matite colorate, oggetti vari. Sono stati condotti diversi studi per spiegare le ragioni per cui adottano questo tipo di comportamento. Un gruppo di teorie suggerisce che questi comportamenti forniscano al soggetto uno stimolo sensoriale. A causa di un sistema cerebrale o periferico difettoso, il corpo cerca stimolazioni e perciò il soggetto indulge nelle stereotipie per sollecitare il proprio sistema nervoso. Secondo altre teorie le stereotipie si manifestano quando il soggetto deve calmarsi. Questo significa che l’ambiente è troppo ricco di stimoli e il soggetto si trova in uno stato di sovraccarico sensoriale. Conseguentemente il soggetto indulge in questi comportamenti per bloccare gli stimoli esterni. Queste stereotipie possono indurre allo sviluppo di fissazioni problematiche con oggetti specifici, che potrebbero portare poi a comportamenti disfunzionali. Ci sono bambini che diventano inflessibili sulla routine quotidiana. Per esempio al momento del pasto il bambino può voler sempre mangiare nella stessa stanza, sempre lo stesso cibo, non accettando variazioni di sapore o aspetto. Il bisogno di staticità si ha anche nel gioco, dove per esempio le macchine devono essere disposte sempre nello stesso ordine, oppure nella disposizione degli oggetti in casa posizionati sempre nello stesso modo. Ogni minimo cambiamento nei rituali, nelle abitudini, nell’ambiente, genera nel bambino reazioni di aggressività, di malessere o di angoscia. I bambini autistici presentano inoltre difficoltà nel gioco del far finta, al posto di cullare la bambola o far correre la macchina, tengono in mano gli oggetti rigirandoli o annusandoli per ore.


 

  1. Comportamenti problema

Come già stato anticipato i bambini autistici si comportano in modi socialmente inaccettabili per soddisfare dei normali bisogni e desideri. Si tratta proprio dei comportamenti problema cioè comportamenti distruttivi e/o pericolosi per l’individuo, per gli altri o per l'ambiente oppure che ostacola l'apprendimento e l'interazione sociale (Emerson,1995). Si tratta quindi di comportamenti non adeguati per intensità, frequenza o durata in grado di compromettere la qualità di vita del bambino e della sua famiglia causando delle difficoltà nell’apprendimento e interferendo con le abilità già acquisite. Assumono varie forme:


 

  • Aggressività: dare pugni, graffiare, mordere, dare pizzicotti, dare schiaffi, dare calci;
  • Autolesionismo: battere la testa, mordersi, schiaffeggiarsi;
  • Creare danno e distruzione dell'ambiente circostante;
  • Vocalizzazioni non appropriate;

Tutti questi comportamenti si mantengono nel tempo perché producono sul bambino delle conseguenze positive come ad esempio ottenere qualcosa, si parla di rinforzo positivo, evitare qualcosa che al bambino non piace, in questo caso si parla di rinforzo negativo, oppure autostimolazione, un rinforzo automatico perché il comportamento stesso produce il proprio rinforzo. Tutti questi comportamenti non sono assolutamente casuali perché si manifestano soprattutto nel momento in cui il bambino non riesce a comunicare in modo efficace i propri bisogni e disagi, è incapace di comprendere situazioni richieste, si trova di fronte a situazioni impreviste inaspettate e quindi non riesce a tollerare le frustrazioni. Diversi studi hanno portato a definire “l’ipotesi comunicativa” del comportamento problema. Secondo questa ipotesi “il comportamento problematico funziona spesso come una forma primitiva di comunicazione per gli individui che non possiedono ancora, o che non usano, forme più sofisticate di comunicazione tali da porli in grado di influenzare gli altri per ottenere una vasta gamma di effetti desiderabili, definiti nella letteratura con il termine di rinforzatori” (Carr, 1985; Carr e Durand, 1985; Donnellan, Mirenda, Mesaros e Fassbender, 1984; Doss e Reichle, 1989; Neel e Billingsley, 1989; Reichle Yoder, 1979). Quindi tramite questo comportamento il soggetto comunica un messaggio che non sarebbe stato in grado di veicolare in nessun altro modo.


 

  1. Dalla diagnosi all’intervento riabilitativo

La diagnosi di autismo non è semplice, prevede un processo molto articolato e complesso, ai fini di stabilire se il quadro comportamentale del bambino soddisfa i criteri diagnostici definiti a livello internazionale. Per poter fare diagnosi sarà necessario un attento esame clinico, un lungo colloquio con i familiari e l’osservazione del comportamento del bambino. Non essendovi un marcatore biologico specifico per effettuare la diagnosi di autismo, ed essendo quasi nella totalità dei casi le indagini radiologiche negative, la diagnosi viene effettuata tramite l’utilizzo di due strumenti principali, il DSM-5 e M-CHAT, facilmente eseguibili dal professionista di riferimento ovvero il neuropsichiatra infantile, e con scarse possibilità di errore. Ad oggi non esiste una cura efficace e risolutiva. È fondamentale però la diagnosi precoce e anche un precoce intervento terapeutico che influiscono in maniera positiva sul decorso. Il trattamento si valuta in base alla gravità e alle comorbilità; può includere la terapia comportamentale, il trattamento farmacologico e l’uso di integratori alimentari. Visto che i bambini autistici evidenziano problemi in molteplici aree dello sviluppo, è fondamentale essere seguiti da un’equipe multidisciplinare dove i professionisti di riferimento sono: neuropsichiatra infantile, psicologo, logopedista, neuropsicomotricista, neurologo, pediatra, audiologo e terapista occupazionale. Gli obiettivi che in generale ci si prefigge sono:


 

  • Incrementare le capacità di comunicazione, l’intenzionalità comunicativa e l’interazione sociale.
  • Educare il bambino alla gestione del tempo e alla risoluzione dei problemi di vita quotidiana.
  • Ridurre le alterazioni comportamentali che possono interferire con i programmi di apprendimento.
  1. Il trattamento logopedico nell’autismo

Il trattamento logopedico si pone come obiettivo il potenziamento delle capacità comunicative pre-verbali quali socializzazione, ricerca dell’attenzione, l’attenzione condivisa, turnazione sociale e intenzionalità comunicativa, perché queste competenze sono i prerequisiti per lo sviluppo delle abilità linguistiche. Dunque, di fronte ad un bambino autistico non verbale, l'intervento logopedico sarà finalizzato a sviluppare le abilità linguistiche ma anche le abilità sociali e comunicative preverbali. Bisogna partire quindi dallo strutturare un ambiente ricettivo facilitante per promuovere al meglio la partecipazione del bambino attraverso routine sostenute  da supporti visivi, ad esempio la CAA, proponendo attività motivanti che permettono di agganciare l'attenzione e l'interesse del bambino. Il terapista deve cercare di comprendere il significato delle azioni del bambino, le sue motivazioni, intenzioni ed emozioni. Risulta fondamentale avviare un lavoro basato sulla comunicazione primaria (Early Communication).


 

 


 

 


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