Catania nell’abisso. Non è una metafora della città, ma bensì della squadra di calcio ridotta ai minimi
termini a causa di una serie di eventi negativi fin da luglio. Insomma, un cataclisma annunciato: vediamo il perché. Punto primo. La squadra dominatrice della serie D è stata completamente smantellata, licenziato l’allenatore vincente (si era detto che in C era tutt’altra musica…), si sono scelti 20 giocatori in base al loro passato calcistico e non su elementi caratteristici di personalità, senso del dovere, forza esplosiva, ma, soprattutto è mancata in loro “gli occhi della tigre”! Socrate diceva: “La felicità dipende dalla giusta disposizione della struttura psichica. Una vita piena di piaceri è infelice. Un’adeguata moralità è l’insieme di costumi sociali, pratiche che aiutano l’acquisizione di una vita armonica...”.
Traduzione. Nel Catania FC ci volevano combattenti, giovani virgulti in grado di tracimare sensazioni, emozioni, senso del dovere, amore per i colori rossazzurri, diretti ad un solo obiettivo primario: lotta dura senza paura! Ma per ottenere tutto questo i giocatori, a mio sommesso parere, hanno dovuto affrontare non solo problemi fisici, ma, soprattutto, il loro conflitto nevrotico con l’allenatore (?) o con la dirigenza (?) è stato influenzato da forze psichiche sulle quali in molti hanno perso il controllo. Molti dei nostri conflitti possono nascondere anche dolori fisici: spesso c’è un guadagno nel dolore fisico e possiamo evitare con questo un pensiero doloroso.
Ma è così nei giocatori del Catania? Difficilissimo dare una risposta in un senso o in un altro!
Chissà perché questo ragionamento ci è chiarissimo se pensiamo ai giocatori del passato come Calvanese, Facchin, Cinesinho, Mascara, Gomez, Lodi, Maxi Lopez, ma anche il duo Ciceri-Spagnolo: ma stentiamo a credere che quelli di oggi invece si fanno prendere solo dalla leggerezza, dalla velocità degli eventi e da pensieri negativi che nulla hanno a che fare con il calcio.
Forse perché nessuno - a parte due calciatori - ha un contratto biennale ed al 30 giugno andranno tutti via?
O forse perché non sanno affrontare questa apocalisse calcistica se tornassimo in serie D dopo tutti i sacrifici economici del presidente Pelligra? Ai posteri l’ardua sentenza!
La transizione di questa asfittica fase si caratterizza in un conflitto del passaggio tra gli intenti dell’oggi e la disciplinarizzazione della forza-lavoro a cui corrispondono prestazioni-fantasma, errori madornali difensivi, mancanza totale della visone della porta da parte di pseudo attaccanti ambivalenti nel mettere in rete anche la più facile palla-gol. Insomma, centellinare pensieri, parole ed opere non serve a nulla. Contro il Benevento ci vogliono attributi d’altri tempi di un Ciccio Ursino, Pippetto Fichera, Pietro Anastasi, ma anche di un Cavazzoni, che, con tutti i suoi limiti, dava l’anima per segnare. Bene, questo è tutto.
Il teatro dei pupi calcistici va in scena ogni domenica: “Ma che la tua festa c’anco tardi a venir non ti sia grave…”. Chi vuol intendere intenda.