Facce basse, corpi spenti e inarcati: l'aria che si respira all'interno del pronto soccorso del Policlinico di Catania è pesante. Una vecchia signora piange in silenzio, attenta a non farsi scorgere dalla nipote che triste le appoggia il capo sulla spalla. Altri chiamano nell'attesa di una risposta...molti stanno fermi, da soli. Nel petto un sussulto che si sente dall'esterno. Angoscia, dolore di una vita che fa male e che perseguita ogni uomo. Eppure, la situazione sembra così surreale. In tanti aspettano inchiodati alle loro macchine perché impossibilitati ad uscirne. Altri rischiano, il tempo è troppo breve per pensare ad un parcheggio. Ma perché? Ci chiediamo rancorosi. È mai possibile che persino ad un pronto soccorso, ed esattamente alle sue aree di sosta esterne, le persone debbano avere persino il timore di incappare in una multa? Sembra quasi la beffa che si aggiunge ad un danno che lacera dentro. Che ne sa... d'altronde... un'amministrazione comunale che non tocca con mano le corde di una sofferenza vivida, glaciale. Perché bisogna dover lucrare anche lì dove non si dovrebbe, per morale, per etica e per spirito solidale. Basta andare sul posto per capire davvero che si prova a dovere aspettare un responso: una vita che, spesso, cede il passo alla morte. Così, vigili urbani armati di foglietti dal peso molesto, si fermano per ogni macchina che trovano, lì dove nemmeno una fermata è consentita. È vero, i parcheggi ci sono all'interno della struttura ospedaliera, ma quel che fa rabbia è che siano a pagamento: "Sono qui da ore ormai. Venendo pensavo proprio a questo disagio che siamo costretti a vivere. Si dovrebbero avere dei parcheggi gratuiti utili per l'ospedale. Proprio quello interno alla struttura, la notte è chiuso e ovviamente si è obbligati a trovare parcheggio altrove, lontani dal pronto soccorso. Ci si dimentica, ahimè, che nessuno di noi è qui per giocare. Si arriva con urgenza e non si pensa a cercare un posto, piuttosto si rischia la multa". A sfogarsi è Angela, una signora sulla quarantina, il viso spento e occhiali scuri che le coprono gli occhi lucidi, seppur si scorga comunque un trucco sbavato che tradisce la serenità che stenta invano di far trasparire. "La signora ha ragione - ci dice Piero, un'anziano dolcissimo che tiene in braccio il nipote neonato nell'attesa che esca la figlia - sono entrata per far salire mio figlio in macchina. Era appena uscito dal pronto soccorso ed era notte. Per uscire, però, ci siamo ritrovati a dover chiamare i rinforzi; ad aiutarci, infatti, un'ambulanza che ci ha aperto il portone, altrimenti saremmo rimasti chiusi lì dentro a causa delle transenne che erano chiuse. Non c'è né una via d'uscita dal pronto soccorso, né un'indicazione che ci indichi da dove poter svincolare". Un pronto soccorso che non è per nulla paragonabile ad un centro commerciale. Non è un luogo di svago, nessun parco giochi all'orizzonte: "Dobbiamo avere delle agevolazioni - ci dice Giulia, una ragazza bionda e dagli occhi di un azzurro che tende a quello del cielo - mio marito non lavora e ho mio figlio che è disabile, eppure siamo stati costretti a parcheggiare lontano. Benché abbia il tesserino per gli invalidi, non so bene se quando uscirò non mi faranno pagare. A parere mio anche i parcheggio direttamente esterni al pronto soccorso dovrebbero essere gratuiti, si parla di salute, qui nessuno sta giocando e la situazione scombussola animi già turbolenti". La richiesta è questa: d'accordo, i parcheggi ci sono, ma a pagamento; ed è vero, è possibile sostare per almeno una quinidicina di minuti in maniera gratuita nelle zone interne. Ma il pronto soccorso, quello... perché non prevedere aree di sosta e di stallo completamente gratuite? Basterebbe guardare con i propri occhi per comprendere gli stati d'animo in cui versano queste povere anime. Davanti ad un'emergenza chi potrebbe mai premurarsi del 'rischio sanzione'? Chi? Ci vorrebbe forse più umanità, servirebbe un cuore, nemmeno d'oro, piuttosto che batta per capire bene che di fronte alla paura siamo tutti... intrinsecamente....uguali.