Non si arresta la scia di sangue che il conflitto in Ucraina si porta dietro ormai da settimane. Sin dall’inizio della guerra sono stati registrati attacchi nei confronti dei giornalisti, colpevoli di voler raccontare al mondo la verità e le atrocità commesse. Secondo quanto riporta Loudmyla Denisova, responsabile dei diritti umani al parlamento ucraino, tre giornalisti (ma il numero cresce dopo gli ultimi attacchi) sono stati uccisi e si registrano oltre 30 feriti dall’inizio dell’invasione il 24 febbraio. Pierre Zakrzewski, cameraman di origini irlandesi di Fox News è un’altra delle vittime degli attacchi russi, come ha reso noto l'emittente americana di cui faceva parte. L’uomo ha perso la vita mentre viaggiava in auto vicino alla città di Kiev lunedì insieme alla giornalista ucraina Alexandra Kuvshinova. Sul luogo è rimasto ferito anche il corrispondente britannico Benjamin Hall. In precedenza, come reso noto dal capo della Polizia di Kiev, Andrei Nebitov, anche Brent Renaud, giornalista cinquantunenne statunitense, è stato ucciso da soldati russi a Irpin, colpito al collo ad un checkpoint. Insieme a Renaud, anche un altro giornalista presente al momento dell’attacco è rimasto ferito e trasportato in ospedale a Kiev. I giornalisti - che inizialmente si pensava fossero inviati del New York Times, informazione poi smentita dal giornale stesso - stavano girando immagini sulla fuga dei cittadini dalla città quando sono stati colpiti. Vittime degli attacchi sono stati anche il giornalista ucraino Yevgeny Sakoun, ucciso nel bombardamento della torre della televisione di Kiev, e l’ucraino Viktor Doudar, che ha perso la vita in seguito agli scontri verificatisi vicino a Mykolaiv. Dopo gli attacchi, sempre più numerosi, nei confronti dei professionisti dell’informazione che raccontano il conflitto, la Federazione europea dei giornalisti ha dichiarato che "la situazione per i colleghi in Ucraina si fa ogni giorno più drammatica: riteniamo che ormai vengano presi di mira allo scopo di creare terrore e impedire che emerga la verità". Se in Ucraina molti, troppi giornalisti stanno sacrificando la propria vita per amore della verità e del raccontarla, tanti altri nel territorio russo stanno allo stesso modo mettendo a rischio la propria incolumità denunciando la repressione del regime e non rinunciando a raccontare ciò che vorrebbe essere tenuto nascosto. Un caso esemplare ha riguardato a questo proposito la giornalista russa Marina Ovsyannikova, che lo scorso 14 marzo era apparsa nel primo canale della tv di stato russa durante il telegiornale mostrando un cartello contro la guerra in Ucraina e denunciando le falsità raccontate dall’informazione di regime. La giornalista arrestata è poi comparsa nell’aula del tribunale: dopo la prima udienza è stata rilasciata e multata di 30 mila rubli (pari a 250 euro). In seguito agli attacchi e agli atti repressivi sempre più Istituzioni e organizzazioni internazionali invocano il diritto alla libertà di parola, il diritto a raccontare la guerra senza filtri e censure. La guerra la si combatte anche con l’informazione, e coloro i quali sono sul campo a vivere la guerra giorno dopo giorno vanno tutelati per il bene di tutti.