La comunità di Sant'Egidio in assemblea cittadina, urla la pace in un silenzio che interrompe il rumore. Emiliano Abramo, presidente della comunità, racconta, con Domenico Quirico, reporter per il quotidiano La Stampa e caposervizio esteri, e Yuriy Lifanse coordinatore della comunità di Sant'Egidio a Kiev; la guerra in Ucraina a distanza di un anno dal suo inizio. Guerra giusta? Sbagliata? Guerra. E' passato un anno dall'attacco di Putin al Donbas ; un anno di guerra che non ha prospettive di pace perché porta con sé la storia di tutte le guerre che si combattono oggi nel mondo e che presto trascineranno nel dimenticatoio, nella vorticosa velocità della modernità, anche questa. Una guerra, forse oggi, da prima pagina ma che a distanza di giorni occuperà la seconda, poi la terza e l'ultima pagina dei giornali. L'Assemblea cittadina si è svolta nella chiesa del monastero di Santa Chiara, sede della comunità di sant'Egidio. Un luogo insolito per un'assemblea ma che invece, come ammonisce Emiliano Abramo, ricorda la responsabilità delle comunità cristiane nel ricordare una guerra che si sta combattendo tra cristiani. «Si ha paura della preghiera a volte ma Sant'Egidio crede che preghiera e cultura siano inscindibili se si vuole far tronfiare la cultura della pace su quella della guerra.» Davanti a un mondo che chiede di essere più attenti ,la comunità di Sant'Egidio invita i presenti ad ascoltare e non parlare, di marciare verso la cattedrale di Piazza Duomo e pregare. «Quando cadono le bombe tutti, credenti e non, invocano a Dio; non vedo l'ora di tornare in Sicilia.» Questa la testimonianza di Yuriy Lifanse in collegamento dall'Ucraina. Il salone, colmo di studenti dei licei catanesi, figure istituzionali come il Rettore dell'Università di Catania, la vice Rettrice e il presidente della Corte D'Appello Filippo Pennisi, è rimasto inerme in un silenzio che catturava le parole e gli occhi di chi la guerra l'ha vista davvero. Domenico Quirico, inviato di guerra, rapito in Siria nel 2013 e rilasciato dopo cinque mesi, regala una prospettiva nuova: la prospettiva delle vittime, con voce roca, cruda e occhi forse persi ancora nei campi di battaglia dove, racconta, si impara a guardare come i morti abbracciano la terra. «La guerra» dice «diventa grande quando non si contano più i morti, abbiamo imparato a deumanizzare la guerra.» Accostando la guerra in Ucraina alla prima guerra mondiale Quirico sottolinea un ritorno al concetto di guerra industriale tra super potenze: «Gli uomini sono parte secondaria di quello che conta» Ma allora cosa conta? Contano i carri armati distrutti, le munizioni, le armi da usare: quante ne restano a Putin e quante agli Ucraini. Nella guerra industriale, l'importante è sopravvivere e per farlo devi essere ben armato. Come si costruisce la pace? Come è possibile uscire dalla narrazione storica della guerra che ancora separa vincitori e vinti, come se non lo fossimo già tutti (sconfitti)? «La" casa della pace" costruita dalla Comunità Internazionale è crollata » risponde Abramo alla domanda silenziosa a cui nessuno trova risposta«Ad impegnarci per ricostruirla, dobbiamo essere noi.» La pace è una tecnica che , come la costruzione di una casa, è composta da fasi, da passaggi fondamentali. Quirico rimanda alla capacità di "tessere" la pace attraverso la mediazione, che, in questa guerra è stata più che assente ed inefficace. «Incominciamo dalla base: Cessate il fuoco.» La guerra in Ucraina è comprensibile storicamente e per questo prevedibile. E' la rivendicazione dello Stato Russo nel porsi come potenza mondiale in un quadro geopolitico che sta cambiando. La lunga egemonia americana si sta indebolendo e lo squilibrio tra impegno militare e diplomatico, sottolineato dal presidente della comunità di Sant'Egidio , ne è la prova. E la figura di Zelensky? Un'abile showman. Domenico Quirico precisa infatti che Zelensky era il presidente di un piccolo stato chiamato Ucraina, ora, è Il Presidente dell'Ucraina. Per diventarlo, c'è voluta una guerra. «Inizialmente-continua Quirico-la guerra era tra Putin ed il popolo Ucraino; ora lo scontro è tra ucraini e russi: questo è un dettaglio fondamentale che permette al presidente Russo di ergersi come paladino di un popolo che va difeso, continuando a combattere.» A riportare l'attenzione su ciò che "davvero conta" sono due ragazze ucraine, residenti a Catania da abbastanza tempo dal riuscire a parlare fluidamente in italiano. Il loro intervento, semplice e conciso, racchiude parole come aiuto , pace, grazie: chiedono di non smettere di mandare aiuti ai popoli in guerra, di non arrendersi nell'impegnarsi a far trionfare la cultura della pace sulla cultura della guerra, ringraziano la città di Catania e soprattutto le sue scuole che hanno accolto tanti bambini costretti a scappare da zone di guerra. Queste le parole che davvero contano, non i carri armati, i proiettili o le intenzioni politiche delle potenze mondiali. Costruire pace partendo dalla preghiera, questo il messaggio di Sant'Egidio
La guerra dell'industria delle superpotenze
L'abilità di "tessere" la Pace
Zelensky? Un'abile showman
Quindi, cosa è importante davvero?