Riceviamo e pubblichiamo la lettera dell'avvocato Giuseppe Lipera che si rivolge direttamente al ministro di Grazia e Giustizia
Al Guardasigilli on. Dott. Carlo NORDIO
Sono Giuseppe Lipera, avvocato del Foro di Catania, cassazionista, ed esercito la professione da oltre quarant’anni (il mio primo processo, con tanto di toga avanti a un Pretore, risale al 1980). Nel 1984 dovetti creare l’associazione forense “Avvocatura e Progresso” con l’obiettivo di abolire le ormai superate differenze tra Avvocato e Procuratore Legale (necessaria avendo il Parlamento stabilito che gli appelli del Pretore penale andavano non più al Tribunale, bensì alla Corte d’appello). Ebbene, in meno di sei mesi la “leggina”, proposta in Italia solo da detta associazione, fu approvata dal Parlamento (ricordo che Presidente della Commissione Giustizia del Senato allora era Giuliano VASSALLI, che conobbi e che mi aiutò tantissimo), e da quel momento i Procuratori Legali hanno avuto la possibilità di difendere anche in Corte d’Appello (quando Ministro della Giustizia divenne l’Avvocato Giovanni Maria FLICK la figura del Procuratore Legale scomparì del tutto, di notte a notte, ma quella è tutta un’altra storia).
Nel 2017 ho fondato l’associazione forense “Avvocatura e Futuro” e voglio sottolineare che, a proposito di quanto scriverò in questa lettera circa la Mala Giustizia e la crisi della stessa, ogni anno essa celebra la morte di Enzo TORTORA.
Le scrivo quindi, anche in nome della mia associazione, per via di una richiesta che vorrei porgerLe in merito al Suo intervento durante la puntata del 29 Gennaio 2024 nella trasmissione televisiva “XXI secolo, quando il presente diventa futuro” condotta dallo stimatissimo giornalista Francesco GIORGINO, che ha avuto come tema principale quello della crisi della giustizia e del sistema delle carceri in Italia.
Ho ascoltato con particolare interesse le Sue parole e avrei delle considerazioni da esporre: sostengo che la crisi del settore giustizia non si possa affrontare semplicemente con l’assunzione di nuovi magistrati, bensì attraverso correttivi che cercherò di evidenziare nel corso di questa mia breve lettera.
Vorrei premettere che sono stato sempre contrario alla soppressione delle Preture, anzi ritengo proprio che sia stata una scelta poco felice; in Italia siamo specialisti a cancellare e bloccare le cose che funzionano, le Preture infatti funzionavano e ora non esistono più; sono state, in una qualche misura, sostituite da un giudice il cui nome fa perdere ogni forma di storicità: il tribunale in composizione monocratica; hanno cancellato un nome che aveva radici storiche importanti, il “Praetor”. Poi hanno modificato il codice di procedura penale nel 1989: un disastro a mio parere, perché un’altra mossa scellerata è stata quella dell’eliminazione della figura del Giudice istruttore, infatti oggi il “povero” Pubblico Ministero dovrebbe avere due anime: cercare elementi a sostegno dell’accusa che porta avanti e contemporaneamente prove a favore della persona indagata.
Circa la mala giustizia, io ho avuto la fortuna di incontrare nella mia vita un gran Signore come Enzo TORTORA: questo incontro ha segnato la mia carriera, infatti cambiai completamente visione della professione e capii come l’errore giudiziario fosse sempre in agguato e quanto fosse importante lottare per dimostrare l'innocenza di una persona; purtroppo dalle cronache quotidiane leggiamo che casi simili a TORTORA accadono troppe volte.
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Il reclutamento dei Magistrati
Il numero dei magistrati è sì importante, ma non basta: ritengo che un primo grande cambiamento debba partire dalla base, ovvero dalle modalità di reclutamento dei futuri magistrati. Al momento, per accedere al concorso di magistratura bisogna semplicemente possedere la laurea in Giurisprudenza e credo che ciò non sia sufficiente, perché ho sempre sostenuto che il magistrato debba avere una formazione professionale completa prima di poter iniziare a svolgere la funzione di giudice o di pubblico ministero; in particolare, ritengo che bisogna assolutamente praticare la professione di avvocato per un certo numero di anni, almeno dieci, affinché si possa acquisire una certa esperienza non solo professionale, perché il Magistrato, innanzitutto, deve essere un grande ESPERTO DI UMANITÀ.
Anni fa, precisamente nel 1982, venne pubblicato uno studio (“IL MAGISTRATO: dal reclutamento alla formazione professionale – Esperienze in Italia e nel mondo”) effettuato da gruppi di ricerca di alcuni atenei italiani su mandato del Consiglio Superiore della Magistratura (il cui Presidente era Giancarlo DE CAROLIS) sul reclutamento dei magistrati in Italia e in altri Paesi del mondo: ciò che emergeva, già allora, era la preoccupante e poco avanzata forma di reclutamento dei magistrati italiani. Ritengo che la situazione, oggi, non sia ancora cambiata. In particolare, dallo studio effettuato dalla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Genova, a cui accennavo, emergeva che in Inghilterra i magistrati venivano (e vengono) reclutati tra gli avvocati più esperti e qualificati, ovviamente con alle spalle un ben definito numero di anni di professione forense: solo gli avvocati possono venir nominati magistrati presso le Corti di giustizia e più precisamente presso queste possono ricoprire l'ufficio di giudice solo gli avvocati che appartengono al gruppo superiore dei barristers (e in alcune Corti anche dei solicitors), che prevalgono sui colleghi per maggiore anzianità, per migliore preparazione professionale e per superiore prestigio, soprattutto che hanno esercitato per almeno dieci anni intensamente l'attività professionale. I giuristi appartenenti a qualsiasi altra categoria, tra cui anche i professori di Università, non sono ritenuti idonei all'esercizio delle funzioni giurisdizionali.
Sono giunte alla mia attenzione, nelle ultime ore, due notizie. La prima è l’idea di un concorso straordinario per l’assunzione di nuovi magistrati riservato agli avvocati con almeno dieci anni di professione forense e credo vivamente che sia la strada da percorrere. Non dovrebbe parlarsi, infatti, di concorso straordinario quanto di concorso “ordinario” in magistratura, perché questa tipologia di reclutamento dovrebbe rappresentare la normalità. È scontato sottolineare il mio disappunto nei confronti delle esternazioni dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM), la quale minaccia abitudinariamente di intraprendere “le più forti iniziative di protesta, ivi compreso lo sciopero, contro tali improvvide iniziative del governo”.
La seconda è il via libera della Commissione Giustizia al Senato all’introduzione della valutazione psicoattitudinale per i candidati che entrano in magistratura: ritengo sia una scelta giusta e doverosa, in quanto non bastano le sole valutazioni periodiche per valutare l’operato di un magistrato. Inoltre, questo test rappresenta un passaggio centrale e propedeutico nei concorsi per le forze di polizia e non vedo perché non si debba fare anche e soprattutto nel concorso di magistratura. A riguardo di ciò, riporto il caso del “Giudice poeta”, il Dott. Ernesto ANASTASIO, magistrato che recentemente si è dimesso per l’incompatibilità della sua condizione psicoemotiva con la professione: lui stesso ha dichiarato che sarebbe stato necessario effettuare un test psicoattitudinale al concorso di magistratura, così come lo aveva effettuato al concorso di Polizia, venendo scartato proprio per le sue “fragilità emotive”, quelle stesse che si sono presentate durante tutta la sua carriera di Magistrato e che ben avrebbero potuto emergere prima se il test psicoattitudinale fosse stato previsto anche per l’accesso in magistratura (v. “Il Giornale” 3 Gennaio 2024, pagina 8, Luca FAZZO). È fondamentale, quindi, che un esame del genere venga stabilmente introdotto in un concorso per una professione tanto delicata quanto complessa quale è quella del Magistrato, che sia inquirente o giudicante.
Or sento una voce chiedersi: come mai l’ANM non protesta né si lamenta del fatto che per diventare Giudice amministrativo, come titolo per concorrere, bisogna essere Avvocato da otto anni o Magistrato ordinario o Avvocato dello stato?
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Le carceri in Italia
A proposito poi della crisi del sistema carcerario del Nostro Paese, ritengo che la situazione sia davvero drammatica. Le patrie galere, spesse volte, sono costituite da strutture fatiscenti e per nulla rispettose dei diritti dei detenuti, che prima di essere tali, sono persone. I problemi del sovraffollamento delle carceri e del trattamento inumano e degradante dei detenuti rappresentano motivo di sanzione “continua” da parte della Corte europea per i diritti dell’uomo; queste condizioni non stimolano, di certo, dei programmi seri di recupero e reinserimento sociale dei detenuti. Propongo, pertanto, che sia valutata seriamente la possibilità di restituire al Paese le case mandamentali: sono circa novanta le strutture soppresse e inutilizzate, che potrebbero accogliere tutti quei soggetti in attesa di giudizio sottoposti alla misura della custodia cautelare in carcere; questo piccolo passo potrebbe rappresentare una buona modalità di alleggerimento delle strutture carcerarie italiane.
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Per concludere, forse non aveva tutti i torti Mario CERVI quando diceva “Che brutta situazione quella di un Paese che non si fida né di chi fa le leggi né di chi le interpreta e applica” (Mario CERVI, “Il Giornale” 12/8/2007, “Il Buon Senso Dimenticato” con occhiello “Nelle Aule Dei Tribunali”) e neppure Mauro MELLINI con la pubblicazione del libro Il partito dei magistrati – storia di una lunga deriva istituzionale (Bonfirraro editore, 2011).
Sono comunque contento nel constatare che, dopo diverse riforme della giustizia penale, dopo i Ministri ORLANDO, BONAFEDE, CARTABIA, adesso a guidare un eventuale cambio di rotta ci sia una Persona che, per tantissimi anni, ha esercitato la professione di Magistrato, ossia la E.V.
Pertanto, con la presente intendo avanzarLe una proposta di incontro, per meglio affrontare questi delicati temi.
Offro sin da subito completa disponibilità a collaborare con la E.V. e con il Suo dicastero, ovviamente a titolo gratuito.
Nel ringraziarLa per l’attenzione riservatami, attendo un Suo cortese riscontro.
Catania, 5 marzo 2024
Associazione “Avvocatura e Futuro”
Il Presidente
Avv. Giuseppe Lipera