L’acqua è vita, ma quando questa viene costantemente inquinata, avvelenata da condotte deleterie per l’ambiente, rischia di diventare un serio pericolo per tutti noi. L’inquinamento dei mari è una tematica oggi delicata e importante, monitorare lo stato di salute delle nostre acque è utile a comprendere verso quale direzione andare e quali comportamenti scorretti eliminare per un mondo più pulito. È quasi scontato, nel nostro Paese le acque non sono affatto limpide, specialmente al sud Italia: la Sicilia, soprattutto - che quest’anno “vanta” la presenza di undici Bandiere blu soprattutto nella parte ionica dell’isola (assegnate dalla Foundation for Environmental Education, ong danese che premia le località balneari basandosi sulla salubrità dell'acqua e sulla qualità dei servizi) - presenta allo stesso tempo, come riportato dal decreto regionale che obbliga i sindaci a eseguire l’ordinanza di divieto dei tratti di mare e di costa non balneabili, più di 200 chilometri di litorale “fuori uso” a causa di inquinamento (soprattutto a causa del malfunzionamento dei depuratori) e abbandono. Legambiente invita al lavoro di squadra, bisogna ancora fare tanto per valorizzare i nostri mari e, di conseguenza, le località limitrofe che potrebbero trarre beneficio da territori meno inquinati. Tra le cause principali di inquinamento influiscono decisamente gli scarichi industriali e fognari, principali responsabili dell’inquinamento dei mari, ma gli scarichi e i depuratori fuori uso, per cui spesso non viene investito denaro e lavoro, non sono le uniche cause della condizione in cui versano i nostri mari. " "Gran parte del problema è anche costituito dai rifiuti, causa di emergenza costante, soprattutto nella nostra isola - afferma Benedetto D'Angelo, socio e tritolare di Be.Da. srl - i rifiuti riempiono, fatto non trascurabile, i nostri mari a macchia d’olio; una corretta gestione e un corretto smaltimento sono fondamentali: il 40% degli oceani del mondo è vittima dell’impatto delle attività umane come l’inquinamento, l’esaurimento delle riserve ittiche e la perdita di habitat naturali lungo le coste". Va ricordato che tre quarti della superficie terrestre sono coperti dal mare, tre quarti del pianeta che abitiamo rischiano di collassare a causa di comportamenti estremamente pericolosi per il nostro ecosistema (l’ONU informa che gli oceani rappresentano il 99% di spazio, in termini di volume, occupato sul pianeta da organismi viventi). E non si tratta soltanto di Bandiere blu: a rimetterci a causa dell’inquinamento è anche la biodiversità dell’intero ecosistema marino che rischia di lasciare il posto a nient’altro che rifiuti. Considerando che più di 3 miliardi di persone dipendono dalla biodiversità marina e costiera per il loro sostentamento, l’invito all’azione e alla tutela è più che mai urgente. La conservazione degli oceani e delle risorse marine è uno degli obiettivi fondamentali stilato dalle Nazioni Unite per un futuro sostenibile: il mare è una fonte di equilibrio indispensabile per la nostra vita sulla terra, quando tale equilibrio viene ad incrinarsi a correre i rischi maggiori sono proprio gli esseri umani. Gli obiettivi sono tanti e ambiziosi, eppure i risultati stentano a farsi vedere: stiamo davvero facendo qualcosa per il nostro ecosistema marino? L’obiettivo dedicato ai mari dell’agenda 2030 ONU prevede la riduzione significativa entro il 2025 di ogni forma di inquinamento marino, il potenziamento dell’utilizzo sostenibile degli oceani e delle loro risorse applicando il diritto internazionale e tanti altri traguardi che - considerando lo stato attuale delle cose - potranno essere realizzati soltanto con un massiccio impegno a livello politico, decisionale e, non per ultimo, personale da parte di ciascuno di noi.