Due dati su tutti: la denuncia relativa alla Mafia sempre più organizzata e la protesta delle toghe che hanno abbandonato le aule dei tribunali tenendo in mano la Costituzione durante la cerimonia d'inaugurazione dell'anno giudiziario, nel preciso momento in cui qua ha preso la parola il rappresentante dello Stato.
E la Mafia? E' gravissima la situazione in Sicilia e a Catania. Una fotografia impietosa del quadro criminale è stata quella scattata dal presidente della Corte d’Appello di Catania Filippo Pennisi, in occasione appunto dell'inaugurazione dell'anno giudiziario.
E la città, le istituzioni tutte non possono far finta di nulla, non possono girarsi dall'altra parte: bisogna fare qualcosa di concreto, andare fino in fondo se si vuol tentare di proteggere questa terra.
I giovani vanno via dalla Sicilia perché non ci sono alternative valide (politica sempre in mano ai soliti noti), la desertificazione è in atto da diverso tempo se è vero che ufficialmente emigrano ogni anno (Italia del nord o Estero) qualcosa come 15 mila giovani. Senza parlare dei commercianti o degli imprenditori, vessati e spesso nel mirino della criminalità, talvolta indifesi e costretti ad abbassare la saracinesca o addirittura cedere l'attività.
Da queste parti viviamo la quotidianità nell'emergenza: lavoro, rifiuti, dispersione scolastica, inclusione e periferie, sanità, formazione, edilizia scolastica, trasporti e viabilità. E dulcis in fundo c'è pure una crescente emergenza abitativa (di cui nessuno parla).
Insomma, continuiamo a stravolgere ogni principio etico, di legalità, di diritto come confermano le innumerevoli inchieste legate alla corruzione e alla condotta fraudolenta di coloro che un tempo venivano chiamati colletti bianchi e che oggi sono manager, dirigenti, funzionari o rampolli e figli di papà.
La geografia delle famiglie
Tornando alle parole del presidente della Corte d'Appello, si resta sbalorditi. Come si fa a non reagire? Ecco, la città saprà reagire? Farà qualcosa? Chiederà più uomini e strumenti alla Stato centrale?
Ancora il presidente della Corte d'Appello: "In particolare, l’attenzione sul territorio della provincia di Catania, si evidenzia come la famiglia catanese di “Cosa nostra”, ossia l’egemone clan Santapaola-Ercolano, continui ad articolarsi in squadre operanti in taluni quartieri catanesi, tra cui Librino, San Cosimo, Villaggio Sant’Agata, Picanello, San Giovanni Galermo, con ulteriori articolazioni territoriali operanti nella provincia etnea, specie in paesi come Paternò (gruppi Assinnata e Alleruzzo), Adrano (gruppo Santangelo, detto “Taccuni”) e Biancavilla (gruppo Tomasello-Toscano-Mazzaglia).
Altri gruppi sono presenti a Bronte e Maniace, nonché a Mascalucia, Lineri, San Pietro Clarenza e Belpasso.
Nella zona ionica sono presenti gruppi mafiosi a Giarre, Mascali e Fiumefreddo di Sicilia, con propaggini nei territori della provincia di Messina rientranti nella competenza distrettuale catanese (Cesarò e San Teodoro).
Mafia presente e tendente a infiltrarsi negli appalti
Resta presente la tendenza a infiltrarsi negli «appalti di lavori pubblici e relativi subappalti, filiera dei prodotti petroliferi, lavorazione dei prodotti agricoli e grande distribuzione e, in generale, ogni tipo di attività che possa consentire il reinvestimento di capitali illeciti, anche attraverso l’opera compiacente di professionisti e imprenditori apparentemente estranei a logiche criminali».
Occhi e mani sulle Risorse pubbliche
«I gruppi criminali operanti nel distretto proseguono la strategia del cosiddetto inabissamento, funzionale a evitare situazioni di allarme sociale idonee ad attirare l’attenzione delle Istituzioni e delle Forze dell’ordine. Le loro linee d’azione continuano a essere finalizzate a perseguire, più che il monopolio dell’attività criminale di basso profilo, l’esclusiva degli interessi di portata strategica o che comunque garantiscano un ritorno economico particolarmente redditizio. Permane l’elevato interesse della criminalità organizzata per le risorse stanziate per il rilancio del Paese, come pure per le specifiche garanzie pubbliche accordate in favore degli istituti di credito per i finanziamenti concessi alle imprese e da destinarsi ad investimenti o costi per il personale».